giovedì 30 dicembre 2004

Gente di Lisbona

Adriana na Fnac

A espera do Shampoo

Duarte Dez no Rossio

A espera do autocarro

Adriana no Rossio

Empregados da Bica do Sapato

Adriana no Lux

mercoledì 29 dicembre 2004

Azenhas do Mar

Azenhas do Mar

Oggi sono stato ad Azenhas do Mar, dove Wim Wenders girò Lo Stato delle Cose.
Azenhas do Mar è il classico posto dove arrivano delle donne tedesche con la macchina, si mettono sul ciglio della strada su uno strapiombo a duecento metri sul livello del mare, e guardando l'oceano consumano la loro nostalgia da due soldi.
Un po' come me, peraltro.
Peraltro, Lo Stato delle Cose era un bellissimo film.

Azenhas do Mar

martedì 28 dicembre 2004

Fine 2004 - Reveillon em Portugal

Fine dell'anno a Lisbona

Oggi sono arrivato a Cascais, dove siamo praticamente tutti: i ragazzi del raduno di Taizé, Woody Allen all'Estoril, Nelly Furtado ad Albufeira, Banda Eva a Figueira da Foz, i Da Weasel a Cascais, Rui Veloso in Praça do Comércio a Lisbona.
Eu estava indeciso entre Cascais e Lisboa, mas jà sei que vou mesmo vêr como Lisboa e o Tejo ganham vida através da Cibernética e da Cor.
Porqué afinal moro em Lisboa.

...c'e' una sola citta',
tra due braccia d'acqua,
acque che abbracciano Lisbona,
il vento del mare ci fa
promesse di viaggi,
vento fresco che richiama
le nostre anime assenti,
Abito a Lisbona,
e cosi' scorre il pomeriggio...


Madredeus, Moro em Lisboa .mp3

lunedì 27 dicembre 2004

A baía de Cascais



Na baía de Cascais, avistei ao longe um barco a arder, vejo o mar nos teus olhos, ao contar-te velhos quadros das viagens, que o mar soube esconder.
Eu pinto esta baía assim, e são mil cores ao pé de mim, nesta baía eu descobri tantas imagens perto de mim...
Só, no cais, vou recordar esse teu olhar, à deriva no mar.
Lembro o mar nos teus olhos ao deixar neste quadro, a saudade, depois de te perder.
Eu pinto esta baía assim, e são mil cores ao pé de mim, nesta baía eu descobri tantas imagens perto de mim...

sabato 25 dicembre 2004

Buon Natale!

Saint Barbie, by Mark Ryden

Dividi con me, nella tua innocenza, questo senso di buio perenne.

giovedì 23 dicembre 2004

-4

Palacio de la Pena

domenica 19 dicembre 2004

wound39

Wound 39 - by Mark Ryden

sabato 18 dicembre 2004

giovedì 16 dicembre 2004

21 luglio 2001, Caserma Diaz

Non so se davvero questi cazzo di anarchici greci e tedeschi siano violenti come dicono, ma di sicuro puzzano come tori.
Non ce la faccio più a stare in questo stanzone pieno di sacchi a pelo fradici di sudore di mille vacanze, decorati con mille macchie di spermi di tutto il mondo e succhi di frutta secchi e peli multietnici e caccoline di fumo uguali a quelle del naso. Brrrrr, devo farmi una doccia subito.
Il problema è che non voglio fare la doccia nello stanzone.
Sai che palle, appena mi spoglio e mi vedono questo fisico del cazzo da nuotatrice precoce divento l’attrazione della serata.
Sono stufa di battute da piscina sulle mie tette minuscole, le mie spalle larghe e il mio metro e ottantaquattro.
Certo essermi rasata i capelli a zero non aiuta, ma è luglio e io sono di Belluno. Cazzo centra? Centra, centra.
Comunque voglio fare una doccia. Io lo so che ce n’è una piccola da qualche parte in questo casermone. Ne ho girate tante di scuole con la squadra di nuoto, c’è sempre un bagnetto nascosto da qualche parte per i bidelli o i professori.
Mi avventuro. Mi lascio alle spalle i cori baschi e i raggaloops che vengono dai computer della sala stampa e batto a tappeto tutta la scuola.
Lo trovo al terzo piano, è una piccola porta vicino all’armadietto dei detersivi, nello stanzino dove si cambiano le donne delle pulizie, in fondo a uno stretto corridoio con armadietti di metallo, ma se non arrivi in fondo non vedi la porta.
E’ un bagno quadrato, pulitissimo, odora di disinfettante. Uno specchio, un lavandino, un pacco di carta igienica, due box di legno con porta di legno. In uno c’è il water, nell’altro la doccia. Niente asciugamani. Pazienza.
Mi tolgo la T-shirt lunga fino alle ginocchia, poi le mutande.
Sono nuda. Mi guardo allo specchio, mi piaccio. Mi piacciono le mie tettine piccole e le mie spalle larghe, mi piace la mia figa bionda e le gambe lunghe e muscolose. Se fossi un uomo mi troverei bellissima. Loro invece restano sempre un po’ basiti quando mi spoglio, poi la buttano sulla presa in giro.
Le donne no, in genere apprezzano. La fotografa inglese di ieri mi ha baciato meglio di qualsiasi maschietto abbia mai incontrato nei miei diciotto anni.
Apro l’acqua, getto pieno e potente, come piace a me. C’è una bottigliona di bagnoschiuma da supermercato, alla vaniglia.
Il casino che viene dai piani bassi si dissolve in pochi secondi, mixato al getto d’acqua calda che batte sulle piastrelle, rumore di un enorme ventilatore a pale azionato da un motore Harley-Davidson. Oh cazzo, ma questo è un cazzo di elicottero. Esco grondante dalla doccia e mi incollo alla finestra.
Sotto c’ è un sacco di polizia che entra nella scuola. Caschi, scudi e manganelli. Il rumore dell’elicottero è fortissimo, deve essere sopra al tetto.
Poi urla, urla dai piani di sotto. Casino. Casino. Presto, devo scappare.
No, devo pensare.
Afferro la mia maglietta e schizzo fuori dal bagnetto ma appena sono nella stanzetta delle pulizie sento i passi pesanti nel corridoio, lontani. Socchiudo la porta e lo vedo. È uno solo, viene avanti piano, apprendo con il manganello le porte degli armadietti senza lucchetto. Sudato, nervoso, avrà una trentina d’anni. Ho un flash, un’idea.
Ritorno dentro, faccio una palla della mia maglietta e la butto tra i detersivi. Rientro nel bagno lasciando socchiusa la porta.
Mi siedo nuda e fradicia sulla tazza. Tremo. Calma, che posso farcela.
Lo sento entrare nello stanzino. Inizio ad ansimare e sospirare. Lui entra nel bagno guidato dai miei gemiti. Spalanca la porticina di legno con un calcio. Sbarra gli occhi, gli si appanna la visiera.
Quello che vede è una ragazzona nuda e bagnata, che si masturba a occhi chiusi seduta sul cesso, gambe spalancate, figa biondissima e mano sinistra che si strizza le tette. Piccole.
Resta interdetto per qualche secondo, il tempo che io apra gli occhi e finga sorpresa, terrore. Mi copro gli occhi con la sinistra e tengo la destra in mezzo alle gambe.
Vedo il suo sguardo impietrito sulla mia figa. La figa bionda è rara. Lui è sudato da far paura, sento il suo odore attraverso la stoffa sintetica, acre e umido.
Realizza che non ho armi, una ragazzona sporcacciona beccata con la mano tra le cosce, impaurita. Niente pericolo. Una bella storia da raccontare in caserma.
Si toglie il casco. Non è neanche brutto, un po’ tamarro, un trentenne tutto juventus e Golf turbo. Lo guardo, fingo sollievo, poi gli dico: “Chiavami, ti prego”. Mi mette il manganello sotto la gola, ha gli occhi da matto.
Ora mi ammazza.
La mia mano si stacca dalla figa e sale a sfiorare il manganello. Scivolo in ginocchio, chiudo gli occhi e butto la testa indietro.
Sospiro: “Adesso, ti prego, ti prego”, sono il key-frame della femmina indifesa e sottomessa. Inizia a spogliarsi freneticamente, si cala i pantaloni sugli scarponi, si leva il casco, si sbottona il giubbotto. Ha mutande nere, tipo slip, gonfie di cazzo. Glielo prendo in mano e inizio, lui si toglie i guanti e getta via il giubbotto. Lo succhio un po’ sulla punta, sa di selvatico, oggi è il giorno delle puzze.
Alzo gli occhi, ha la maglia avvolta attorno alla testa, cerca nervosamente di sfilarla, ansima qualcosa tipo: “Ora ti spacco, puttana”.
Gli do una spinta neanche tanto forte, ha le gambe impacciate dai pantaloni e le braccia avviluppate nella maglia. Cade all’indietro quasi senza piegarsi. Batte la testa sul bordo del lavandino e fa il bis sul pavimento bagnato con due colpi che rimbombano come cannonate.
E’ immobile. Gli prendo la bomboletta di gas irritante e la tengo pronta. Poi lo spoglio tutto.
Dopo cinque minuti mi alzo in piedi e mi guardo allo specchio di nuovo. Mi piaccio, il mio corpaccione riempie bene la divisa, gli scarponi sono un numero più grandi ma li ho allacciati stretti e ho messo carta igienica in punta. Mi son messa il fazzoletto blu in faccia e il casco. Un bel maschione guerriero. Mi scoperei proprio.
Guardo il poliziotto a terra. Ha un bernoccolo, ma respira regolare. L’uccello è piccolissimo, ora. Prendo le mie mutande dall’armadietto dei detersivi e gliele infilo. Lo sollevo e lo metto seduto sul water, appoggiato al muro. Rido pensando a quando lo troveranno i colleghi, seduto sul cesso con un paio di tanga rosa a disegni di fragoline bianche e la mano sul cazzo.
Basta, è ora di andare. Infilo il corridoio, cerco un passo pesante e furioso, imbocco le scale che scendono verso i piani di sotto, verso i rumori infernali.
Entro in una stanza vuota. Stanza, poi. E’ una dannata aula, e mi ricordo che la abbiamo pulita ieri. Lasciare tutto in ordine, nemmeno una briciolina sul pavimento devono trovare i bravi bambini che torneranno qui in settembre. Ci hanno fatto una testa così: dimostriamoci un movimento pacifico, civile, rispettoso della cosa pubblica. Per rispetto della cosa pubblica mi son messa i guanti di gomma e ho lustrato i cessi una volta al giorno insieme a un gruppo di tedeschi igienisti che non usano i detersivi perchè inquinano e ci danno solo con le mani, l’acqua e gli spazzoloni, e ieri ci è toccato lo straordinario qui, dove qualcuno aveva fatto un festino con formaggio, arance e biscotti.
Sia come sia, l’aula è vuota. Oh cazzo voglio qualcuno che mi veda bella così come sono con la mia divisa. Tutta la vita che sogno una divisa. Da piccola imploravo un vestito da soldato, un vestito da marinaio, anche solo un capello da cow boy e mi sarei leccata le dita o le avrei leccate al generoso offerente. Tutto quello che ho ottenuto dopo una supplica di anni è stata una tuta blu da benzinaio, con camicia giallo limone abbinata. Mia madre non voleva che me la mettessi per uscire. Io me la mettevo. Botte. Me la mettevo di nuovo. Di nuovo botte. Divisa/botte è per la sottoscritta un binomio indissolubile.
Adoro il rumore che fanno gli anfibi sulle mattonelle di questo pavimento. Passo le dita su e giù lungo il mio manganello, mi sento nervosa.
Stanza successiva, niente. Nessuno che si butta ai miei piedi chiedendo pietà, che gli risparmi la vita. E poi dal fondo del corridoio sento arrivare un frastuono promettente. Spalanco la porta dell’aula professori e vedo il bastardo. Vestito di nero, incappucciato, e sta spaccando tutto. Fermo lì, urlo, polizia. Sarà poi della polizia o sarà un carabiniere dei corpi speciali? Una testa di cuoio? Un marine? POLIZIA! Grido di nuovo se non avesse capito, il coglione, che qui sono arrivati l’ordine e la giustizia e che niente resterà impunito, eccetera.
Testa di cazzo, dice lui, sono io. Io chi? Non ho intenzione di guardare in faccia nessuno. Mi avesse riconosciuta per quella che sono, una antiglobal porcella vestita da guardia?
Dammi una mano invece di stare lì a guardare, dice ricominciando a fracassare l’armadio dei registri con una spranga. Faccio un passo avanti - dio che anfibi, é come se ci fossi nata dentro, nemmeno gli stivali mi fanno sentire così bene - e urlo smettila o ti ammazzo. Ah ma allora sei proprio un cazzone, risponde quello, furibondo, e chiede: non vedi che sto lavorando? Mentre si accuccia per tirare fuori una bomboletta di vernice spray e imbrattare i muri gli tiro un calcio in uno stinco, tanto per provare. La punta dell’anfibio non fa un piega anche se non si può dire che questa sia la mia misura. Lui invece si gira come una vipera, le mani sullo stinco, la bocca contratta, e strepita che cazzo fai, sei fuori di testa, ci sarai stato anche tu al brief no? Ti faccio rapporto e via così.
Non lo ascolto quasi. Da sotto sento urla, rumore di vetri infranti, implorazioni di aiuto. Passo rapidamente una mano sulla pistola e penso che potrei ammazzare questo imbecille e poi scendere e seccarli tutti uno dopo l’altro, i bastardi.
Poliziotto impazzito spara sui suoi colleghi. Non sarebbe la prima volta. Poliziotto abbraccia la causa dei manifestanti e apre il fuoco contro i suoi commilitoni. Caso classico, è successo anche durante la rivoluzione d’ottobre senza contare Braveheart. Si mi piace. Si, lo faccio. Lo farei, se il coglionazzo qui non si fosse tirato in piedi e sempre bestemmiando contro di me non avesse cominciato a scrivere anarchy sul muro bianco appena rifatto. Questo non lo sopporto.
Impugno il manganello e gli sono dietro. Più alta di lui, noto. Non che ci voglia molto. Gli piazzo la punta del manganello contro la vertebra centrale e non fa in tempo a dire ehi che gli ho passato il braccio sotto la gola, presa alla Tura Satana in Faster Pussycat, film che non ho mai visto essendo troppo giovane ma ce l’ho scritto nel codice genetico.
Stringo. Benedico gli anni di nuoto che mi hanno fornito di bicipite adeguato. Mentre con soddisfazione mai provata sento che la testa di cazzo comincia a boccheggiare e a afflosciarsi, lancio un’occhiata dalla finestra e vedo un tipo
tutto rasato e molto abbronzato che dalla scuola di fronte sta riprendendo tutta la scena. Ah, finalmente qualcuno che apprezza il mio valore, ora gli faccio un bello spettacolino, roba da riguardare a casa con calma, oh si. Stringo più forte e premo da matti con il manganello sull’osso sacro dello stronzo fottuto bastardo che si finge manifestante anarchico e invece è poliziotto travestito anche malamente perchè nessuno di noi certo metterebbe dei jeans così ben stirati e rigidi, hanno perfino la piega, questi glieli ha lavati la mamma prima che venisse qui a rompere tutto e ... occhiata alle finestra.
Il tipo filma. Film, filma, che mi piace.
Lascio andare la vittima appena un pochino, giusto perchè non muoia e continui a dibattersi. Mi piace che si dibatta. Gli infilo il manganello fra le gambe e glielo strofino forte sotto il cavallo dei pantaloni. Capito la minaccia, bambino?
Ha capito ed è terrorizzato. “Non pisciarti sotto”, gli dico.
“Questo si piscia sotto” grido al regista, tanto perchè sappia che sto collaborando di gusto.
Giro il bastardo e gli strappo il passamontagna. Lo acchiappo per la coda di cavallo - ma ce li avessi io porca puttana questi capelli, e invece non mi stanno in nessun modo - e lo scrollo un po’. Gli passo il manganello sulla bocca chiusa.
Apri la bocca, dico. Lecca, dico. Lecca. Bravo. Gli piazzo l’attrezzo sul cucuzzolo e spingo. Abbassa la faccia sui miei anfibi - certo il tipo su del gabinetto li teneva male, fossero miei, anzi adesso che sono miei, li terrò sempre lucidissimi. Lucida, gli dico. Ora rido un sacco. Mentre sta ancora lucidando, gli mollo una manganellata in testa e me ne scappo giù per le scale. Trovo urla, grida, sangue e teste rotte, tutto quello che poi si vedrà in televisione ma io lo vedo per prima e davvero fa male e paura. Cerco la fotografa inglese dita di fata lingua al fulmicotone, che non me la lascio portar via da nessuno, che me la tengo per tutta la vita, che me la porto a casa, che anzi vado io a casa sua perchè Londra mi hanno detto che è bella.
La trovo in un angolo, con gli occhi sbarrati, che aspetta il suo turno, aspetta che la macellino come gli altri. Quando mi avvicino lancia un urlo e si copre la faccia con le mani. Guardo il mio manganello pieno di sangue, guardo lei. Mi accuccio e sbottono sveltissima la giacca sul davanti, le mostro le tette. “Mi riconosci?” chiedo. “Piccole ma toste. Sono io, ti porto via”.
La porto via come una bambola, quando arriviamo sul retro mi tolgo le insegne militari, bacio il manganello e sto per abbandonarlo ma lei rinviene un attimo e sussurra no, quello portiamocelo via, decisamente la amo, non osavo proporlo.

Siamo a letto nude, soddisfatte e mai soddisfatte da ormai due giorni. Lei ha soldi e ce ne siamo venute in un albergo in Riviera per dimenticare. Accendiamo la tv ogni tanto così abbiamo l’impressione di non esser proprio tagliate fuori.
Mentre guardiamo la tv le tengo due dita nella figa per poter ricominciare in qualunque momento. Ricomincio. “Want to see the news” dice lei. Tutto quello che vuoi baby, ti faccio vedere le news. Dicono quelli delle news che Genova è stato un casino, la polizia è sputtanata, le violenze sono state smascherate da un video amatoriale girato la notte dell’assalto alla scuola Diaz. Cazzo le dico proprio dove eravamo noi. Vedi da che cosa ti ho salvato? Immagini sullo schermo, voce agitata dello speaker. Si vede un poliziotto grosso e cattivo che quasi strangola un manifestante, lo fa inginocchiare e lo costringe darsi da fare con il manganello. “God” grida lei. Lo speaker dice che il poliziotto è irreperibile, che tutta la polizia è sotto accusa. “God” grida adesso di nuovo lei, ma questa volta tutta contenta. God un cazzo di niente, cretina, dico fierissima.
Non vedi che quella in divisa sono io. La guardia era lui, ma era vestito come uno di noi. Stava in sala professori a far danni e poi dare la colpa al movimento. L’avevo pulita io il giorno prima quella stanza, e lui era lì dentro a far scritte con la bomboletta. L’ho conciato a dovere.
Vorrei raccontarle l’impresa eroica in tutti i dettagli tanto per far lavorare la lingua in un modo diverso, ma intanto le fighe insaziabili non stanno mai a sentire. Questa ha tirato su la testa ma si tiene immobile dalla vita in giù per non compromettere il mio capolavoro underground. Guarda me, guarda il manganello.
Guarda il manganello, guarda me.
Serissima, è serissima.
Oh.
Tiro via le dita, le asciugo sul suo pelo, recupero il manganello.
Dico: corro, mio vero amore, corro a lavarlo.

domenica 12 dicembre 2004

Verso le 10 si vedono quelli che mi piacciono di +: i ragazzi alle prime armi, in attesa davanti al Bar Cocchi, di quelle tipe che se arrivano sono già contenti, ed andranno in giro, con incertezza, entusiasmo ed ansietà, e non importa se non sono belli, sono le prime volte e tutto è bello.
Poi verso le 11 alla collina delle sette streghe spuntano i trentenni, senza idee, se non quella di tirare avanti.
Verso l'una alla Caffetteria Cavour arrivano le trentacinquenni, inquietanti, sigaretta, domani sera al cd ingresso gratis, ratio 10 a 1.
I trentenni intanto stanno tirando le cinque anche stanotte.
Sarà che mi son tagliato i capelli, sarà che mi son comprato il giubbotto Pirelli, questa notte mi sento un po' Jovanotti.

sabato 11 dicembre 2004

E' sempre il peggiore a far battere più forte il cuore di una donna
Lisa Epiphany Bonet in Angel Heart

giovedì 9 dicembre 2004

Last night in Collecchio

Last night in Collecchio

-14

Ponte Vasco da Gama

mercoledì 8 dicembre 2004

Immagino che tutti quelli che passano di qui conoscano Matteo Galliazzo.
Altrimenti, provvediamo subito.
Matteo Galliazzo - L'Incipit

venerdì 3 dicembre 2004

Just a perfect day

Partire da Collecchio con la determinazione di una palla di fucile, accompagnato da un pezzo di Nyman che amplia ancora di più l'ineluttabilità della cosa.
Con la prospettiva di una settimana di vacanza ad Asti.
Esordire, dare del cieco all'arbitro, far incazzare il loro 10 con un colpo ben dato, vedere giocare Labalbo, prendere gol per colpa mia, ed essere contento di tutto questo perché è il mio undicesimo campionato in undici anni.
E questa sera arriva Labranca.

giovedì 2 dicembre 2004

Come creare un'etichetta di abbigliamento in 5 minuti

1) Prendi Photoshop. Illustrator è troppo complicato e non ci serve.
Non si sa mai.

2) Un Mac se vuoi darti un tono e se te lo puoi permettere, altrimenti un pc andrà benissimo.

3) Assicurati di avere il font Deftone (nei mac è inserito credo nei font di sistema), nei pc forse anche.

4) Inventati una parola vagamente estera che contenga o una K o una H.
Per dare quell'impatto che serve.

5) Fai stampare il tuo nuovo e personalissimo logo su magliette, felpe, cappellini, cinture, e ovviamente su adesivi dal primo serigrafo che ti capita a tiro.

6) Vai ad attaccare adesivi per tutta la città. E non dimenticarti di andare a registrare il tuo nuovo e personalissimo logo all'ufficio brevetti in via Camperio, 3. Vorrai mica che qualche malintenzionato squalo te lo copi subito, facendoti perdere milioni di euro.

7) Fai una festa di inaugurazione. Magari se riesci fai dei comunicati stampa. Si sa mai.

8) Allestisci un sito da cui puoi anche vendere le tue creazioni. Mi raccomando usa il deftone anche per i menu. Se lo usano quelli del gasoline che sono troppo dei fighi, un motivo ci sarà (infatti sono amici di andy dei bluvertigo. che poi il Gasoline usa il Magneto. che comunque il concetto è quello).

9) Apri una partita iva ? Magari dopo. Intanto usa quella di qualcun altro. Sicuramente in casa da qualche parte ne avrete una.

10) Proponi la tua linea ai negozi più in. Ma che siano in, mi raccomando: informati presso il negoziante.

10) Adesso intanto puoi chiamarti stilista. Ricordatelo, perchè più avanti ti sarà utile.

11) Fai qualche festa in discoteca. Sono tutti pronti a spennarti e a cercare lo sponsor che gli porti gente e gli regali magliette. Non aspettano altro.

12) Se hai una Smart riempila di adesivi con il tuo nuovo e personalissimo logo e lasciala in giro, parcheggiala in Ticinese che va sempre bene. Se la mamma (visto che la smart è intestata a lei) poi ti chiede come mai tante contravvenzioni spiegale che sono per una buona causa (e raccontale di Matteo Cambi e di Guru).

13) Dì a tutti che stai facendo un sacco di soldi e che stai vendendo tantissimo.

mercoledì 1 dicembre 2004

Interviste Personali: William Bottin

William Bottin, I love me

In questi lunghi giorni Asti-Collecchio-Asti, ci sono due compagni di viaggio che adoro: la pioggia e la musica di William Bottin, che contiene anche la pioggia e le nuvole e un po' tutte le cose che sento lungo il viaggio.
Per cui è bellissimo tornare a casa e trovarsi le sue risposte nella mail.

E-BLOG: William Bottin è un designer di mondi: crea musica non perché suona bene la tastiera, come Pino Daniele suona bene la chitarra, ma la sua musica è espressione di un'analisi e di una comprensione sensibile della realtà, si esplicita poi anche in quello che scrive sul suo blog, nelle sue foto.
Right?

BOTTIN: Wrong. La mia musica di solito non è l’analisi di un bel niente, nè tantomeno è orientata ad un tipo di ascolto specifico. So di gente che ne trae soddisfazione guidando, facendo sesso, lavandosi, persino dormendo.
Ieri ho visto uno che la ascoltava friggendo polpette di baccalà.
Il blog (nella sua forma attuale) esiste da pochissimo. Prima di questo ne avevo uno su livejournal dove scrivevo essenzialmente gli affari miei. Prima ancora ne avevo uno su blogger. Raramente ci faccio analisi sociologica, al massimo ci scrivo le cose che mi piacciono e quelle che detesto. Foto: una volta ne facevo di più, ma la vecchia Pentax ha l’otturatore rotto e non per il momento non possiedo una digitale.

E-BLOG: Se dovessi descrivere a qualcuno la mia adolescenza, gli farei sentire la voce acerba di Diana Est che canta Tenax, le versioni di latino e il gel tra i capelli, le mie compagne di classe con il carrè pesantissimo.
Se dovessi descrivere questi giorni che vivo adesso, gli arrivi a Milano la domenica sera guidato dalle luci della tangenziale, le serate minimal, gli angoli delle mie slide in powerpoint, l'ingresso nell'età adulta, gli farei sentire la tua Cloudy.

BOTTIN: Cloudy è un brano che ho fatto abbastanza in fretta, l’ho immaginato quasi come colonna sonora per un film di David Lynch. Ma dalla tua descrizione temo di non aver proprio centrato l’obiettivo.

E-BLOG: Non direi, la mia vita assomiglia molto a un film di David Lynch, ma senza la Rossellini. E Lynch, e i Duran Duran, e tutto quello che era anni '80, nei '90 è stato defenestrato, e ritorna adesso. A volte mi sembra che il discorso '80 sia ripartito ora da dove l'avevamo lasciato.
Da dove parte la tua musica?

BOTTIN: Premetto dicendo che sono nato nel ‘77 e che il primo disco che ho comprato è stato Arena dei Duran Duran. Ho anche Rio, Notorious, un bootleg di un concerto in California e So Red The Rose degli Arcadia.
Sono però più legato agli Anni Settanta: ho ascoltato molto funk, soul e pure disco music. Ho imparato molto dai dischi degli Earth Wind and Fire, da Donald Fagen e gli Steely Dan. Il jazz ho cominciato ad ascoltarlo dopo e l’elettronica non l’ho mai seguita molto. Mi piace molto anche un certo rap rilassato, tipo quello dei Digable Planets o dei De La Soul.
Gli Anni Novanta musicalmente mi son piaciuti, soprattutto la scena acid jazz ma anche la house francese. Mi sembra che si sia quasi più revival adesso, con tutti questi gruppi di neo-rock’n’roll e electroclash.

William Doubtful

E-BLOG: E invece per te cosa è cambiato in questi anni? Mi riferisco ai cambiamenti dal tuo primo disco Chill Reception a Love Me Vol. I che è uscito pochi mesi fa.
BOTTIN: La differenza principale è che Chill Reception costava 18-20 a seconda dei negozi. I Love Me invece ha un prezzo imposto di 15 euro e contiene anche due video. Hanno in comune il fatto di essere due album piuttosto eterogenei, con brani che vanno dal chill-out/downtempo all’house.
I Love Me, è un disco più curato e il suono è migliore. Il mood complessivo è diverso: ci sono sì un paio di brani “introspettivi” (come appunto Cloudy che hai citato prima) ma anche molti pezzi scanzonati, “leggeri” come If I Had a Hi-Fi, Blaze Of Light, No Lemon No Melon e ovviamente Lunedì Cinema.
Chill Reception invece è un disco prettamente notturno.

E-BLOG: Infatti sentendo Chill Reception mi immaginavo che suonavi di notte. Ma che strumenti suoni? Ovvero, suoni? Quando fai le demo, suoni la batteria o usi il sequencer? E che tastiere usi? Come ne modifichi i set di suoni? E i programmi? Cubase, Wavelab? Roba che si trova su eMule? Che poi di solito si tende quasi a negare di "non suonare", io invece adoro quelli che non suonano, ma programmano.
BOTTIN: Suono tastiere, chitarra e tromba. I bassi a volte li programmo, altre volte li faccio suonare da bassisti bravi, altre volte ancora li suono io. La batteria è spesso programmata, quando ci sono delle batterie vere in realtà ne ho fatto suonare solo un loop che poi viene montato e rimontato successivamente. Stessa cosa per le percussioni. Le parti tipicamente elettroniche/synth sono tutte suonate e poi loopate, quasi mai programmate nota per nota.
Da qualche tempo uso tastiere, ma quasi tutti i synth sono fatti con dei software.
Come programma uso principalmente LogicAudio, una versione di 3 anni fa perchè non ho voglia di comprare l’upgrade.

E-BLOG: Un'altra delle ragioni per cui apprezzo ciò che fai è la tua apertura a condividere la tua musica: penso sarebbe bello mettere un link per scaricare un tuo mp3 per far conoscere la tua musica da chi non ti ha ancora mai sentito, scegli tu il pezzo.
BOTTIN: Qui c’è un mp3 con un mix di varie cose nuove e meno nuove.

E-BLOG: A proposito, tre posti/tre locali/tre città dove vorresti che si ascoltasse la tua musica/dove è bello ascoltarla.
BOTTIN: 1) Come sottofondo di Onda Verde;
2) in un dj set di Fernanda Lessa;
3) l’anno scorso l’ho sentita al Salone Del Mobile, mi pare nello stand di Cappellini. Mi sembrava appropriata.

E-BLOG: La mia ragazza adora Sheherazade, del tuo primo disco, e ci chiedevamo che taglio di capelli si dovesse avere per ballarla meglio.
BOTTIN: Di capelli non me ne intendo più molto, ma per divertirsi al meglio suggerisco di ballarla indossando un casco integrale in un locale pieno di spigoli.
A proposito: vorrei cogliere l’occasione di scusarmi nuovamente con Alessio Goldi, il bassista di Sheherazade, a cui sanguinano ancora le dita.

E-BLOG: A proposito, quante chances ho che tu faccia il sound designer del mio matrimonio? E se sì, cosa proporresti?
BOTTIN: Sicuramente un'installazione di musica generativa concettuale, incomprensibile ed inutile: una di quelle cose che vanno da sole per ore ed ore, così il sound designer può dedicarsi a sparare il riso con la cerbottana.
L'unico matrimonio a cui ho suonato è stato quello di uno dei Marzotto, in un castello. C'era una cantante mezza catalana e mezza islandese, cugina di Bjork. Si chiamava Katla Gudmundsdottir. Abbiamo fatto anche "I Watussi".

martedì 30 novembre 2004

E, come diceva Carboni, a nessuno vai bene così come sei.
Anche perché tu vorresti sempre qualcosa di più di quello che meriteresti, e così gli altri.
Un single che abbia superato i trenta, vorrebbe qualcuna mediamente bella, mediamente interessante. Se poi scendi negli esempi, ti rendi conto che vorrebbe qualcuna mediamente meglio di quanto è mediamente lui.
Perché, nelle classifiche della vita, si guarda sempre un pochino sopra, e ci si vede sempre migliori annni luce di chi è un pochino sotto.
Ovviamente, stante la totale corrispondenza tra Amore e Lavoro (laddove discoteca = ufficio di collocamento, frasi di approccio = curriculum vitae , bellezza = intelligenza, denaro = denaro), lo stesso vale nel mondo lavorativo, per cui riteniamo sempre di essere pagati meno di quanto meriteremmo, mentre gli altri sono pagati di più e fanno lavori più semplici.
Per questa continua tensione verso ciò che non è al momento a portata di mano, si scommette su sé stessi, si fanno i mutui. Per arrivare a quel pochino sopra, da cui fare altri mutui.
Tronchetti Provera era un pochino sopra, però voleva andare ancora + in alto, allora ha preso una moglie un po' meglio, un po' + giovane, ha fatto il mutuo e ha comprato Telecom, allo stesso modo come uno che ha la casa in centro a milano con il mutuo fino al 2012 la vende per comprare la casa in Fiera con mutuo fino al 2035.
E anche il concetto di vita eterna e il pagare per l'eternità ( = con gli interessi) i peccati fatti durante la vita è un'estensione del concetto di mutuo.

domenica 28 novembre 2004

Vedere Platoon e trovare molti punti di contatto rispetto al proprio lavoro.
Perdere puntualmente il proprio capo.
Trovarsi a capo di un plotone perché il proprio capo è scomparso.
Il plotone di cui fai parte non è più nemmeno un plotone, perchè anche la maggior parte degli altri sono scomparsi, per cui devi fare il lavoro di un plotone ma sei solo una pattuglia.
Quando si è rimasti in due, essere aggregati a un altro plotone e ricominciare da capo.
Cambiare sempre compagni e non potersi fidare completamente di nessuno.
Dormire poco e in posti sempre diversi, sperduti.
Nascondersi sotto il cadavere di un compagno morto per non essere beccati.
Pensare solo a portare il culo a casa.

Cose da non dire quando lei si toglie il reggiseno

Oh, ma che brutte tette!

mercoledì 24 novembre 2004

Le notti di Collecchio

Le notti di Collecchio

domenica 21 novembre 2004

ho conosciuto una giovane ragazza questa sera. il contesto era costituito da una squallida una festa di beneficenza organizzata dai giovani del rotary alla quale mi sono imbucato senza pagare i 15euro di entrata, gli stessi giovani che vedo ogni week-end bevuti e impasticcati nei soliti ritrovi medio borghesi della mia città. lei si chiama con un nome che prevede un diminutivo e già questo è importante ed è pienamente inserita nel contesto all'interno della quale l'ho conosciuta, l'organizzatore dell'evento era suo cugino. si muoveva nella sala timida ma rassicurata dalle giacche dei giovani con appuntati gli spillini dell'associazione, il sorriso e l'aspetto tipici della ragazzina borghese, curata con nonchalance, già vecchia a ventanni. quando l'ho sentita parlare ho avuto un'illuminazione: aveva la stessa intonazione ed esprimeva concetti della medesima profondità culturale di quelli espressi dal bambolotto cicciobello. ho deciso che questa ragazza sarà mia. mia non solo in senso fisico, le entrerò dentro infettandole il candido animo, le farò odiare gli schemi e le persone che l'hanno cresciuta, coccolata e addomesticata, la educherò alla devastazione fisica e mentale, alla contemplazione delle brutture umane, alla disillusione, la introdurrò, infine, al mistero del bello. fra qualche mese sarà una giovane donna viva ma estremamente sola. sua madre mi adorerà e finiremo a letto insieme. potrei rischiare la vita, probabilmente il padre avvocato tiene una rivoltella sopra l'armadio della camera da letto. ma ne vale la pena, già mi immagino la faccia che farà quando mi vedrà a letto con la moglie ben sapendo che, già da diverse settimane, chiavo anche sua figlia.

Nonalzarsidalletto

giovedì 18 novembre 2004

The Collecchio Boys

The Collecchio Boys

sabato 16 ottobre 2004

Interviste Personali: Bruko

D'Annunzio la definirebbe immaginifica demiurga d'immagini, e probabilmente le ricorderebbe Romaine Brooks.
Ma lei è mutevole come le nuvole, nuova ogni giorno come il sole, in continuo cambiamento come Hokusai, le ragazze aprono blog ispirati al suo, e lei il suo l'ha chiuso...(ma per fortuna rimane quello in inglese).
Insomma, Bruko.

Brukoworld

E-BLOG: Sara, 26 anni, una laurea in ingegneria, un lavoro nel design industriale, ma soprattutto, secondo me, la più grande fotografa vivente.
Cosa manca e cosa è sbagliato in questa descrizione?

BRUKO: Beh... A parte il fatto che ho una laurea in Disegno Industriale, lavoro in un agenzia di pubblicita', non sono la piu' grande fotografa vivente e -vista l'influenza che c'e' in giro- tra poco potrei non essere nemmeno piu' vivente?
C'e' tutto: Sara, 26 anni. Ho dei seri problemi con le definizioni di me stessa.

Sciarpa Teresa

E-BLOG: La ragione per cui mi piacciono le tue foto è che sono racconti brevi, romanzi a puntate, zibaldoni: Travelinghead, ma anche bruttavita.com. La parola diventa parte della foto, la foto parte del racconto. Tutte le arti sono evolute tecnicamente, e le tue fotografie sono espressione della contemporaneità tecnologica nell'ambito della fotografia e della grafica, solo la letteratura è rimasta quella di 2.000 anni fa. Io vorrei una letteratura che è anche figura, sono andato in libreria tutto esaltato a sfogliare "La Misteriosa fiamma della Regina Loana" perché dicevano che era il primo esperimento di letteratura per immagini, ma era un comune romanzo con foto in mezzo. Peter Greenaway è molto spesso pesante, noioso, ma è l'unico che veramente sta facendo uno sforzo di portare l'espressione artistica a come dovrà essere. Questa domanda è un po'come un film di Greenaway, ci ho buttato tutto dentro affinché rappresentasse al tempo stesso concetti generali e osservazioni particolari, ma alla fine è solo un gran pasticcio... Tu fai come Michael Nyman, rispondi quel che vuoi.
BRUKO: 42.
No, scherzo. Per me il legame tra immagini e parole e' importantissimo. E' come se si suggerissero a vicenda senza mai tentare di definirsi, e lo spazio di interpretazione che rimane vuoto nel mezzo viene riempito da chi guarda e legge,
filtrando il tutto con le proprie esperienze.
Se io faccio una foto ad un mazzo di chiavi e ci scrivo di fianco "il miglior amico dell'uomo", automaticamente la mente comincia a fare connessioni che giustifichino questa giustapposizione. Saranno le chiavi di una macchina sportiva? Saranno una metafora della necessita' di avere una chiave d'interpretazione? Sara' una cosa fatta totalmente a caso? Probabile, ma non toglie nulla al divertimento.
Sul fatto che la letteratura sia rimasta quella di duemila anni fa, dissento.
2000 anni fa chi scriveva lo faceva con intenti completamente diversi, con la coscienza dello scripta manent.
La maggior parte era analfabeta e quindi la scrittura aveva qualcosa di quasi magico. Era potente.
Se non fosse cambiato nulla, al classico mi avrebbero fatto tradurre il diario dello schiavo di Catone, in cui sarebbero stati segnati testi di canzoni, commenti sulla schiava del vicino, lamentele sull'inutilita' della propria esistenza.
La tecnologia non ha cambiato solamente il modo di avvicinarsi all'immagine ma anche alla parola.
Anche solo la possibilita' di scrivere, cancellare, copiaincollare ed impaginare il testo che da' un qualsiasi word processor cambia il modo di passare dal pensiero al segno.
In letteratura, come in fotografia, come in qualsiasi altra forma d'espressione c'e' comunque chi si limita ad una pedissequa imitazione dei classici, voglio dire... c'e' un tizio in America che fa dagherrotipi...

Manuela Arcuri, nudo artistico

E-BLOG: La Arcuri, ma qualsiasi attrice fotografata nuda in un calendario, è solita dire che lei si spoglia solo per nudi artistici.
Eppure le sue foto non mi sembrano un nudo artistico, ma solo un pretesto per far vedere le tette.
Nel tuo caso invece il nudo è funzionale alla foto, non avrebbe senso la foto con te in maglietta.
Mi spieghi come mai invece anche la foto della Arcuri è un nudo artistico?

BRUKO: Ah, abbiamo deciso che lo e'?
Per quello che ne so io e' la stessa cosa che potrebbero aver detto le modelle del bagno turco di Ingres.
In fondo se la stessa identica foto (composizione e luce) fosse stata scattata anche ad una modella undicenne e ad una ottantenne, stampata come trittico, numerata ed appesa ad un muro e presentata nel corso di un vernissage con critici conclamati, nessuno avrebbe avuto dubbi a riguardo.

Bruko, nudo artistico

E-BLOG: Quando viene una tua amica a trovarti e poi vi fate le foto e vi mettete i costumi ecc. quando tempo ci metti a fare tutto? Tipo, hai un fondale sempre montato in casa? e come nasce la cosa? le dici "adesso ci facciamo le foto"?
BRUKO: Non mi capita mai di saltar su con qualcosa tipo "ehi, perche' non facciamo delle foto adesso?"
Spesso decidiamo di fare delle foto, decidiamo un giorno in cui abbiamo un pomeriggio libero e poi io vado a casa sua o lei viene a casa mia.
I fondali, quando ci sono, sono teli di stoffa (in fondo solo figlia di un tappezziere) che vengono appesi a caso. Poi possiamo fare foto per mezz'ora o due ore, dipende da quanto ci divertiamo a farlo. Il resto del pomeriggio viene speso a fare merenda, sparlare e fare cose da donne, come scambiarci ricette, discutere sulla migliore marca di assorbenti o di depilazione.

Genova

E-BLOG: Da gennaio è capace che mi tocca tornare a vivere a Milano.
Dimmi tre posti che mi facciano sentire minimal e hip come dentro una tua foto.

BRUKO: L'androne del mio palazzo, il passante di Porta Venezia, il museo di Scienze Naturali a Palestro.

Weed

E-BLOG: So che hai fatto le fotografie di un matrimonio di una tua amica, come del resto Vanessa Beecroft ne aveva fatta una bellissima del suo.
Il tuo "servizio fotografico" in che cosa si differenziava dai soliti servizi filmato + foto 250 euro? Quante chances ho di riuscire a contrattarti per il servizio fotografico del mio matrimonio?

BRUKO: Al momento mi risulta che i fotografi chiedano mooolto di piu' per il servizio filmato - foto :) A parte questo, credo che il motivo per cui Silvia e Luca hanno chiesto a me di fotografarli e' una questione di confidenza: sapevano che avrei evitato di trasformare la chiesa in un set fotografico, che non li avrei costretti a "fare il giro" nel parco con una bicicletta in mano e il cestino pieno di fiori e che non avrei rotto le palle a nessuno.
Non volevano un fotografo vero (che sarebbe stato sicuramente piu' qualificato di me, a livello tecnico), volevano qualcuno che li conoscesse abbastanza da sapere come fotografarli (ma soprattutto come non fotografarli) e volevano dei ricordi del
loro matrimonio. Le stesse foto le avrebbe potute fare chiunque altro. Io ero piu' qualificata delo zio con la macchinetta usa e getta, ma era solo una questione tecnica.
L'unica cosa che puo' essere assimilata al resto del mio lavoro e' il servizio che ho fatto alla sposa durante la "vestizione".
Comunque fare foto ad un matrimonio e' stato piu' stressante di laurea e maturita' assieme, quindi direi nessuna chance.

domenica 3 ottobre 2004

Il principio alla base dell’Universo è il Progresso: ciò che era nulla è diventato materia, cioè che era determinato si espande infinito.
L’aggregazione organizzata di cellule che è la Vita umana è una tappa del Progresso ed è al Progresso funzionale (1).
Il fine dell’Universo è il Progresso, mentre l’obiettivo della Vita umana è la Felicità: con il miraggio del raggiungimento della Felicità l’uomo persegue il Progresso, ma attraverso il Progresso e la consapevolezza della sua condizione la Felicità diviene irraggiungibile (2).
Siamo strumenti nelle mani del Progresso, e la Vita umana ne è solo un caso, l’Universo non è stato costruito per noi: l’evoluzione delle conoscenze porta la consapevolezza della finalità della nostra esistenza ad altri fini.
Al termine del Tempo, al culmine del Progresso, vi è la Verità: per cui l’uomo arriva all’immortalità non attraverso mondi ultraterreni, ma attraverso sé e il proprio Progresso (3).
Ma una volta raggiunta l’immortalità, la noia di una vita infinita, senza la possibilità di felicità che gli è preclusa dall’aver raggiunto consapevolezza della sua condizione, sarà insopportabile, per cui è ipotizzabile che allora l’uomo si darà volontariamente la morte.
Il Progresso esercita un controllo sulle forze che suscita, e se da un lato aveva modellato l’uomo per non vivere più di 120 anni (3), nel momento in cui l’uomo riuscisse a superare questa barriera, non avrebbe più alcun obiettivo da perseguire, la sua vita sarebbe inutile, e quindi si autodistruggerebbe, in questo modo adempiendo al controllo del Progresso sulle forze che suscita.
Il Progresso è la religione dell’Universo, e le religioni degli uomini ne sono mutuate, ma solo in parte, per indirizzare chi crede sulla strada del Progresso, ma senza gettarli nello sconforto: per questo il Valore della Vita di chi crede in una religione è maggiore di quello di chi non crede.
L’introduzione del concetto di vita ultraterrena, comune alla maggior parte delle religioni, permette di sostenere comportamenti funzionali al Progresso, che se l’uomo considerasse la sua vita soltanto terrena non avrebbero ragione di esistere: sessualità / aborto / suicidio / eutanasia liberi renderebbero meno dolorosa la vita delle singole persone e ne accrescerebbero il Valore, ma ridurrebbero quella serie di sacrifici legati a sforzi di cui non vedremo i risultati, che sono alla base del Progresso.

1: La concezione della Vita umana come tappa intermedia nell’opera di un demiurgo è ipotizzata da Hume (l’abbozzo rudimentale di un dio infantile, che lo abbandonò a metà dell’opera, vergognandosi della sua esecuzione deficiente, come citato nell’introduzione dell’Enciclopedia dei Siti Porno)
2: Se per Leopardi l’ignoranza della propria condizione è base della felicità, per noi l’ignoranza è data da tempo * gioia, e della gioia componente è l’ignoranza.
3: Un vincolo alla durata della vita umana ad un massimo di 120 anni è dato dal patrimonio genetico, ma modificandolo (e in questa direzione tende lo sviluppo) anche tale vincolo è superabile

domenica 12 settembre 2004

adriana & settembre

adriana ad asti a settembre

martedì 7 settembre 2004

Il gusto della forma®

Modernità veloce, che crea continuamente dimenticando con facilità il passato; oppure essere artistici per mille persone contemporaneamente, l'unicità del genio applicato alla moltiplicazione industriale: l'ossessione che portava alla perdizione Jacques Arnoux nell'Educazione Sentimentale di Flaubert, diventa realtà nella visione di Davide Scabin del Combal.Zero, sabato nell'Ouverture di Settembre Musica a Torino.
Dopo l'elegante e sottile barocco de Le Divertissement Royal di Lully diretta da Jordi Savall, per i mille spettatori dell'Ouverture si aprono le porte del foyer disegnato da Scabin e LiPumaDesign, librerie giganti contengono hambook, libri da mangiare componendo muri di mattoni raffiguranti immagini barocche, torri trasparenti da cui si estraggono fialette di drinks, Bloody-Mary terminanti in ostriche, arabeschi di grissini...

Grissini painting

...il vitello tonnato è servito in coppe da champagne di cui si svita lo stelo e se ne rovescia il contenuto di aceto balsamico per insaporirlo...

Vitello tonnato old fashioned hi-tech

...la crema di piselli incapsulata in un tappo di di cialda di parmigiano...

Riposta la penna, lo scrittore Davide se la Cava anche con il cucchiaio

...il ciokocube che sconvolge e spinge a desiderare...

Menta/Liquirizia, Pistacchio/Violetta, Zafferano/Peperoncino, Lampone/Zenzero

...e io e Adriana, ci perdiamo tra fialette di drink e richiami di Lisbona nel merluzzo mantecato del Parmentier...

Io e Adriana confusi nel trompe-l'oeil degli specchi del Regio

lunedì 6 settembre 2004

ildeboscio, parole povere

Esce il 7 settembre per Mondadori, il libro del Deboscio, Parole Povere - Breviario della banalità moderna, un nuovo Vangelo, non a caso a duemila anni di distanza dagli altri vangeli, che già costituirono un evento letterario epocale.

DEZERTO: Dalla prima volta che ho visto il vostro ildeboscio.com, ho riscoperto una gioia che pensavo ormai perduta: il piacere di leggere. Cosa conterrà il libro? Profili poveri, altro?

IL DEBOSCIO: Cito Gramsci:
"Nelle classi popolari esiste ugualmente la degenerazione libresca della vita, che non è solo data dai libri, ma anche da altri strumenti di diffusione della cultura e delle idee."
"Osservare il modo di scrivere di molti popolani: è ricalcato su un certo numero di frasi fatte" (quaderni dal carcere)
Non abbiamo fatto altro che seguire questa constatazione gramsciana e ricercare esempi di lessico neoproletario e piccolo borghese.
Parole Povere è un elenco di frasi fatte, stanche, sentite e risentite, da essere ormai lise.

DEZERTO: Perché l'hai/avete scritto (soldi? Essere famosi? Divulgare un'idea? Avere tra le mani un libro che merita di essere letto?)
IL DEBOSCIO: Per farci invitare in tv e fare le cose peggiori che si siano mai viste in tv.

DEZERTO: Chi vorreste che lo legga e chi temete che lo legga?
IL DEBOSCIO: Vorremmo che lo leggessero tutti. Non si rivolge a un pubblico particolare. Non temiamo che non venga capito, perchè è un fatto. Speriamo altresì che venga frainteso dal popolino.

DEZERTO: Tra 30 anni le cose che avete scritto saranno ancora valide?
IL DEBOSCIO: Paura di sì

E-BLOG: Grazie come sempre della vostra attenzione.
IL DEBOSCIO: Grazie della tua attenzione. il tuo interesse nei nostri confronti ci conforta.

Per concludere, mi sembra opportuno riportare questo frammento del sito, che spiega cos'è un povero e rappresenta la chiave di lettura per comprendere gli anni 00.

Se il termine “sindrome” significa “insieme di tratti”, allora la povertà è una sindrome, perlopiù ereditaria e decisamente contagiosa.
Il povero è quello che vive alla periferia delle cose, quello che ha sempre visto tutto da lontano. Qualsiasi fenomeno per lui, è distante.
E’ quello che davanti a cose un po’ più complesse del solito, si annoia.
Il povero è quello che non ha idee sue, che riesce a fare sua qualsiasi cosa (una macchina, una casa, dei mobili, una teoria...) senza però digerirla.
Il povero è uno che non conosce il disincanto. E’ uno che si entusiasma anche davanti a cose assolutamente ovvie e banali, a prodotti fatti male, costruiti da altri poveri.
Il povero è un provinciale, uno che ragiona in modo troppo schematico, vede tutti come burattini, e lui stesso è un pupazzetto.
Il povero è abituato a vedere le cose sui libri, talmente distanti da lui sia fisicamente, sia temporalmente, che non prende sul serio nulla di contemporaneo per paura di “sbagliare”.
Il povero è un individuo che la società ha voluto rimanesse bambino, e distante da certe cose.
La società non è in sé così cattiva, è assolutamente impersonale. E’ perlopiù il povero che spesso (per infiniti motivi) si esclude dagli eventi.
Il povero è quello che non si preoccupa di capire e disprezza, o altrimenti si astiene dal giudizio perché ha paura di apparire stupido, covando però dentro di sé un risentimento verso ciò che non comprende.
Il povero è quello che non capisce che è più creativo il non fare nulla piuttosto che fare qualcosa a tutti i costi, di cui ovviamente non c’era bisogno.
Il povero è quello che in qualche modo può farti del male perchè non ti capisce. Non sempre però è in malafede.
Il povero è uno che non frequenta, ma purtroppo non sempre è sufficiente frequentare.
Il povero è quello che risparmia sul cibo.
Il povero potrebbe essere anche quello che ha la Panda. Ma non è povero perchè ha la Panda.
E’ povero perchè non sa chi l’ha disegnata.
Il povero in generale è quello che crede al plusvalore delle nozioni perchè non può permettersi quello delle merci, e viceversa.

giovedì 2 settembre 2004

Hip Stuff 04: Herbalife

Herbalife
Quest'estate mi è capitato + volte, essendo in compagnia, di essere l'unico che a pranzo non aveva uno shake da prendere: ormai gli shake Herbalife sono diventati un must e lo staff di e-blog, sempre attento alle nuove tecnologie in ogni ambito, ha deciso di intervistare per voi Michele Delemont, un affermato distributore Herbalife.

E-BLOG: I simboli che hanno segnato questa estate 04 sono le infradito, le foto con il telefonino ed Herbalife: spiegaci cos'è Herbalife e come mai è diventata tanto famosa.
MICHELE: Se ci fai caso, quest'anno è stato caratterizzato anche da una campagna del Ministrero della Salute contro l'obesità negli adulti e nei bambini. Non si tratta solo di una moda estiva ma di una piaga da affrontare seriamente nei prossimi anni.
Herbalife è una società americana nata nel 1980 per affrontare i problemi legati all'obesità e alla malnutrizione. In Italia i prodotti sono autorizzati alla vendita dal 1992.
Al di là di mode locali, attraverso i risultati ottenuti da migliaia e migliaia di persone nel controllo del peso, e soprattutto nel mantenimento dei risultati conseguiti, attualmente Herbalife è la prima azienda mondiale nel campo della produzione e vendita di integratori alimentari a base naturale.

E-BLOG: Tesmed e gli altri elettrostimolatori sono dolorissimi, le pillole fanno vomitare: in cosa si distingue Herbalife e perché dovrebbe funzionare meglio degli altri.
MICHELE: Herbalife si distingue da ogni altro metodo per il controllo del peso e il recupero della forma fisica: i prodotti hanno un buon sapore, chi li utilizza è libero di mangiare tutti gli alimenti che preferisce nell'ambito di un appropriato programma alimentare, sono integratori a base di erbe rivolti a persone di tutte le età.
I vari integratori permettono di personalizzare il programma in base ai propri gusti, esigenze nutrizionali e risultati da conseguire: l'esclusività di Herbalife sta nella nutrizione cellulare, un metodo che permette di fornire i nutrienti necessari direttamente alle cellule senza affaticare l'apparato digerente.

E-BLOG: Herbalife va preso sotto controllo medico?
MICHELE: I prodotti Herbalife sono classificati come alimenti dai ministeri competenti in materia in più di 50 nazioni nel mondo, compresa la Svizzera e la Svezia che sono notoriamente i più restrittivi nel concedere libera circolazione a prodotti nutritionali: non sono quindi soggetti ad alcun tipo di limitazione se non quello del normale buonsenso.
Hai mai fatto indigestione di Nutella mangiandone un barattolo completo, ti sei mai sentito appesantito dopo una scorpacciata di fritto misto? Lo stesso vale per Herbalife, i nostri shake sono ottimi se preparati con i giusti ingredienti, ma il barattolo del cioccolato nelle mani di un bambino potrebbe portare ad una indigestione come il barattolo della farina lattea.

E-BLOG: Tu hai partecipato alla convention di agenti Herbalife che si è tenuta a Barcellona: chi c'era / cosa avete fatto?
MICHELE: Barcellona e' stato fantastico, eravano circa 25.000 persone in uno dei palazzetti delle olimpiadi '92, c'erano persone da tutta Europa e dal Sudafrica.
Ci sono stati interventi dei maggiori specialisti mondiali nel campo della salute e della ricerca farmacologica, il nuovo Chief Executive Officer di Herbalife Michael O'Johnson ha dato una visione chiara e precisa dei prossimi sviluppi della compagnia: 500% di crescita del fatturato mondiale nei prossimi 10 anni.
Tra l'altro, oltre a un new way of life fisico, con Herbalife è possibile anche un new way of life economico, diventando distributore dei suoi prodotti.

Lo staff di e-blog ringrazia Michele per le risposte esaurienti: noi il prodotto non l'abbiamo ancora provato, ma chi l'ha fatto ne dice meraviglie, per cui se volete contattare Michele per maggiori informazioni, il suo cellulare è 347/7666991, l'email mdelemont@hotmail.com.

mercoledì 25 agosto 2004

White_us

white_adri


white_e-do

sabato 14 agosto 2004

E' arrivata Adriana

l'armadio già non basta +

giovedì 5 agosto 2004

Epistemologia di Max Pezzali

Appunti sbobinati del 4 agosto 2004

Seminario su Max Pezzali

Introduzione del Prof: il corso mira a spiegare le fasi artistiche del Pezzali ricostruendo l’evoluzione dell'individuo.

Massimo Pezzali nasce a Pavia il 14/11/1967, alle superiori è compagno di banco di Mauro Repetto (nato a Genova il 26/12/1968), con cui fonda gli 883 (un anno di differenza: Pezzali era stato bocciato? Da verificare).

Nei primi due dischi (quelli con Repetto) Pezzali canta il presente -> il microcosmo della sua gioventù è un modello in cui si identificano tutti i giovani della provincia Italia.

Secondo il prof infatti l’Italia è sempre stata una realtà comunale, al massimo provinciale (escluse forse Milano e Roma): l’unico periodo di unificazione è stato negli anni ’60-’70, quando c’erano solo due canali televisivi, un unico fumetto -> sul retro della copertina dell’unico fumetto la pubblicità di un unico giocattolo, Big Jim / Barbie -> prodotti comuni da nord a sud -> comune sentire.
Con l’affermarsi della televisioni locali negli anni ’80, assistiamo a una nuova polverizzazione provinciale, per cui si perde la base comune di conoscenza (i miti televisivi deteriori di una regione non corrispondono a quelli di un’altra regione).
-> Max Pezzali ha successo perché attinge all’immaginario dell’epoca unificata di fine anni ’70 (Big Jim, Roy Rogers, Happy Days, Harley Davinson), per cui la provincia pavese è anche tutte le altre province.

Pezzali ha successo perché descrive il suo microcosmo, è molto intelligente e riesce a farlo in maniera di farsi capire da tutti.
Secondo Piaget ((1896-1980) il bambino intelligente è il bambino che sa risolvere i problemi senza utilizzare mezzi culturali
-> Pezzali bambino intelligente perché senza considerare Leopardi, descrive la sua realtà locale, sa diventare globale, con slanci lirici (involontari /volontari ?) leopardiani (e anche poetica dell’universale / cosmico).

IIa fase di Pezzali: Repetto è stato messo con le spalle al muro per andarsene / se ne è andato per fare lo sceneggiatore, dalla poetica di Pezzali scompare il presente, inizia l’elencazione / adunata / rimpianto del passato (cfr. Gli anni / Lo strano percorso / …). Attualmente tutta la produzione di Pezzali è rivolta al passato, i 14enni non ricopiano + i suoi testi sul diario / sul sito come ai tempi di Come Mai, Pezzali parla ai 14enni di Come Mai che ora sono cresciuti e hanno 30anni, per cui il suo pubblico è destinato ad assottigliarsi (Pezzali continuerà ad avere successo come Vasco Rossi / Lucio Dalla o diventerà un feticcio del passato alla Edoardo Vianello? Il passaggio del nome da 883 a Max Pezzali è una classica operazione di restyling deciso dal marketing per un prodotto che perde colpi)

il professor Tommaso Labranca mentre analizza il tema del matrimonio in Pezzali

Tema del matrimonio in Pezzali (cfr. La regina del Celebrità): secondo il prof e la sua assistente (la Verna), Pezzali ha sempre nascosto la sua fidanzata, non vuole sposarsi, la regina del celebrità che si è sposata ed ha figliato è diventata grassa, lui la guarda quasi soddisfatto del fatto che anni fa non gliel’avrebbe mai data, e ora anche per lei arriva la decadenza della famiglia, mentre lui c’ha i soldi e continua da single sulla 883.
Dissente la prof. Francesca Genti, secondo cui Pezzali sogna il matrimonio (cfr. videoclip Una Canzone d’amore, non a caso con Stefano Accorsi -> Pezzali ha qualche dubbio sullo sposarsi, ma vorrebbe comunque sposarsi perché sarebbe poi felice come Accorsi nell’ultimo bacio), la regina del celebrità suscita il suo affetto anche ora / a maggior ragione che è diventata mamma.
(La Genti comunque non interroga: all’esame sostenere la tesi del Pezzali contro matrimonio, soprattutto se interrogati dalla Verna).

la professoressa Francesca Genti, mentre spiega durante il seminario

mercoledì 4 agosto 2004

Il Progresso è il mio Dio

Non sono abbastanza giovane nè abbastanza vecchio per credere in Dio.
Trovo molto difficile credere in un Dio astratto e intangibile, perché nulla lo distingue da quello che effettivamente non esiste.
Credo invece in un Dio astratto ma tangibile.
Il Progresso è il Dio in cui credo, astratto ma tangibile.
Il mio Dio non è benevolo, è un Dio duro e spietato, che mette le persone, le generazioni, gli esseri viventi, gli uni contro gli altri, che non vede null’altro oltre che sè, e non ha pietà di chi è debole, si accanisce contro di lui, fino a farlo scomparire.

Gli indigeni dell’America Latina si riposavano tranquilli in riva al mare, poi arrivò la nave dei Conquistadores e diventarono schiavi.
I Conquistadores arrivavano da terre di guerre, avevano attraversato i mari solo per uccidere o essere uccisi, per conquistare o esseri conquistati, molti morirono lungo il viaggio, avevano rabbia e odio nei loro cuori, e infatti vinsero gli indigeni amichevoli, che dalla loro vita serena si trovarono all’improvviso nella sofferenza e nel dolore, desiderando di morire.
Perché mentre tu ti riposi e osservi il tramonto, da qualche parte c’è sempre qualcuno che si sta addestrando per distruggerti, per una forza sconosciuta che gli dice di farlo: il Progresso.
Quando gli Alieni arriveranno sulla Terra, ci distruggeranno o ci renderanno schiavi?
Forse tutti gli sforzi del mondo sono per essere preparati per quell’attacco, è per questo che c’è il Progresso; e anche gli Alieni, verranno ad attaccarci come i Conquistadores, per la stessa ragione, per il Progresso; l’unica legge che sembra vigere in tutto l’universo che si espande (anche lui) è una sola, il Progresso.

Ritrovarsi a tarda sera in un albergo nella zona industriale, con vista sulla zona industriale, collegandosi con il telefono della camera per lavorare ancora, lontani da ogni cosa per cui valga la pena vivere.
Poi alzarsi verso le sei, per lavorare ancora, e andare poi nel capannone davanti all’albergo nella zona industriale, e spendere lì le ore fino a tarda sera, mentre il Sole nasce, tramonta e nasce ancora.
E tutto questo ha un senso, perché la business unit vada avanti, l’azienda vada avanti, la tua nazione vada avanti, mentre altrove lavorano di giorno e di notte, costruiscono caldaie a mani nude, senza protezioni cadono da tralicci e impalcature, e ci sono altri pronti a sostituirli, e anche il padrone che ha fatto il capannone è pronto a chiudere tutto e trasferirsi dove lavorano di giorno e di notte a mani nude senza protezione, perchè anche lui è un ingranaggio di questa macchina che è il Mondo, che teme/forse è sempre in ritardo per il suo Dio, il Progresso.

E organizzare sempre meglio il Mondo, gli africani che lavorano come noi, noi che facciamo due settimane all’anno di ferie come gli americani, ci sposiamo con le donne conosciute in azienda e insieme a loro mettiamo al mondo figli cui non riusciremo a trasmettere i nostri sogni ma di cui condivideremo le delusioni, e saranno cresciuti (e intanto noi ne mostreremo foto digitali e filmati ai colleghi nelle pause del lavoro nel capannone della zona industriale) da donne arrivate dall’America Latina a 600€ al mese, finite qui perchè la loro nazione a un certo punto non è riuscita a tirare avanti, che passano dodici ore a casa nostra per non tornare a fare le prostitute, per non tornare nella loro mansarda dove vivono in sei, tutte povere, giovani e brutte e grasse perché mangiano al Mc Donald’s, ma robuste e pronte a prendere corriera, autobus e tram per essere qui di nuovo domani, e tutto perchè anche loro sentono dentro di sè qualcosa che nemmeno loro sanno cosa, ed è il Progresso.

Passare giornate con il Cliente che ci comanda ma come noi rinuncia alla sua vita per rimanere qui a controllarci, e poi usciti essere pretenziosi con i poveri camerieri nipoti degli indigeni dell’America Latina, per sfogare la rabbia e l’odio accumulati nella traversata del giorno, perché noi paghiamo e vogliamo un servizio, e mentre aspettiamo da mangiare chiamare il call center della banca, di Vodafone, dell’assicurazione, e litigare con la centralinista romena, che per 120€ lavora otto ore al giorno tutti i giorni, per non venire qui a fare la prostituta, perchè la sua nazione a un certo punto si è accorta di aver sbagliato tutto, seguendo un'utopia che credeva essere il Progresso.

E poi scoprire che sono passate tutte le giornate che dovevano passare davanti al capannone, e bene o male possiamo davvero andare a casa, con gli occhi stanchi e le orecchie sorde, e vivere ancora una volta lontano da casa, in una sorta di albergo ad aspettare la morte, curati da giovani donne russe che ora ci guardano per 1200€ al mese e lo preferiscono a fare le prostitute perché la loro nazione a un certo punto si è accorta di aver sbagliato tutto e non ce la faceva a tirare avanti, rubando qualche parola alla cassiera dell’ipermercato quando andiamo a fare la spesa, mentre i nostri figli cresciuti da donne tornate in America Latina , sono da qualche parte, a fare qualcosa, affinchè la loro business unit, la loro azienda, la loro nazione, tirino avanti, a sacrificarsi al loro Dio, il Progresso.

V Impero

426 anni fa oggi, Dom Sebastião, Re del Portogallo, scompare nella battaglia di Alcacer-Kibir contro i Mori.
Sebastião ha 24 anni, è l'ultimo erede della casata Aviz, senza di lui il Portogallo sarebbe annesso alla Castiglia; per questo a sua madre durante la gestazione viene taciuta la morte del marito Dom João, affinché partorisca felicemente. Cresce affidato ai gesuiti, è ossessionato dalla castità e dallo studio della strategia militare: si convince di essere il prescelto per la fondazione del Quinto Impero che affermerà la Cristianità come governo del mondo, e decide di guidare una crociata contro gli infedeli, sbarcando in Marocco con 16.500 uomini.
Ad Alcacer-Kibir, il 4 agosto 1578, l'esercito portoghese è pesantemente sconfitto: tra le migliaia di morti, non sarà mai ritrovato il corpo di Sebastião.
Il Portogallo viene annesso dalla Spagna, e nel regno si diffonde la convinzione che in realtà Sebastião è ancora vivo, e tornerà per riportare la libertà.
Il film O Quinto Imperio che Manoel de Oliveira presenterà alla Mostra del Cinema di Venezia racconta appunto la storia di Dom Sebastião, il formarsi dei miti fondanti la cultura lusitana, basata sulla tensione all'armonia che si raggiunge attraverso sentimenti contrari, il sebastianismo, il vano sperare che le cose migliorino in un modo o nell'altro senza però fare nulla affinchè accada, e la saudade, la disperazione che si prova nel mondo e la terribile voglia di vivere.

sabato 31 luglio 2004

Interviste Personali Vol. III - Il Deboscio

DEZERTO: ok, cominciamo. Ad Asti il deboscio è visto un po' come i Dik Dik vedevano la California, a Padova gli Scapigliati si ispirano chiaramente a voi: è arrivato il momento del franchising delle idee? Uffici tipo Tecnocasa in cui dare consulenza sulla vita al popolino?
IL DEBOSCIO: Vorremmo evitarlo, ma siccome non viviamo in uno stato di polizia, ognuno può copiare quello che gli pare.
Scapigliati.com è una copia esatta del nostro sito (emulazione fallita, direbbe qualcuno), a volte tocca le corde del patetico e le spacca, però non fa male a nessuno.

DEZERTO: Aldo Nove vive in via Falck e il figlio di Moratti fa il cameriere al Jamaica. Cioè perchè alcune cose talmente precise accadono? per necessità oppure di proposito?
IL DEBOSCIO: Questa era una domanda che io avevo fatto a te. E tu non hai risposto.
E' una domanda che allora giriamo tutti e due ai lettori perchè, per quanto mi riguarda, era una domanda sincera, in cerca di risposta. Se vuoi posso riformularla meglio:
Abitare in via Falck e fare il cameriere al Jamaica non sono cose divertenti da fare. Nessuno sano di mente può convincermi del contrario. Ora, immagino che tutti e due possono, per mille motivi, evitare cose come queste. Come mai invece le fanno e ne sembrano soddisfatti ? Perchè questo martirio volontario ?
DEZERTO: la risposta per me è nell'intervista di Franz Krauspenhaar a Margaret Mazzantini quando lei dice ...io ci parlo coi barboni. E spesso dentro quel puzzo e quella ruvidezza c’è tutta la pace che i normali non sanno... e allora giustamente Krauspenhaar le chiede se i barboni hanno pace anche d’inverno.

DEZERTO: Quante donne in +/- vi siete fatti grazie al deboscio? Se Lola Ponce (quella del video "I can do it") ti telefona perché ha visto il sito e vuole uscire con te, dove la porteresti?
IL DEBOSCIO: Non ci siamo fatti nessuna solo grazie al sito. Gli argomenti sono e devono essere sempre altri se non le vuoi annoiare. La Porsche è il più valido. Non penso sia nemmeno triste dirlo ormai perchè ho appurato che funziona così. Devo comprarla anche io appena riesco. Quelle che piacciono a me vengono da condizioni sballottate e hanno bisogno di quelle cose lì.
Sai che non conoscevo Lola Ponce ? Sono andato a vedere su Google. E' proprio una tipa da Cumfiesta. Mi chiedo perchè non faccia dei porno. Dici che guadagna di più facendo quello che fa ? Se mi telefonasse e volesse uscire con me la porterei al Ristorante Fuji in via Paolo Sarpi. E poi dove vuole lei. E poi, come dice David, le taglio la testa e al suo posto ci metto il manubrio di una R1.

DEZERTO: consiglia tre posti dove andare a Milano. Che la guida di Aldo Nove alla fine non segnala cose interessanti.
IL DEBOSCIO: Vado a bere al Maraja, quello accanto al Coquetel, in Via Vetere. Poi mi annoio al Rocket e non ci fanno mai entrare al Plastic, a meno che non vada con delle ragazze. Ma tanto fa schifo anche quello. Non c'è niente da fare.

DEZERTO: di chi sono le tette della tipa ritratta con l'adesivo del deboscio?
IL DEBOSCIO: Se vuoi te lo scrivo in una mail separata. E' una mia ex.

DEZERTO: la cattedra di estetica di Zecchi è compatibile con i suoi abbinamenti lacoste gialla / giacca sformata blu / forfora / riporto tre capelli?
IL DEBOSCIO: Sarebbe perfetto allo sportello del PT Business di Via Carducci. E invece ha una cattedra di estetica. In Statale tra i professori, il luogo comune che sento ripetere più spesso è: "Zecchi ? Una macchietta..."
Quello che mi fa più ridere di lui è che inveisce sempre contro il degrado urbano e contro le periferie squallide, pensando di parlare con gente che è cresciuta in Via dei Giardini o in Via Palestro, mentre invece notoriamente gli studenti di filosofia sono per il 98% Bresciani da cemento armato. Lui non ha mai la minima idea di quello che succede.

DEZERTO: tutto è fatto per piacere. Essere fighi, essere ricchi, essere classisti, essere hip. Dire che si odia la gente è in realtà un voler piacere a "certa" gente. VERO / FALSO?
IL DEBOSCIO: Tutto è fatto per piacere. Noi non diciamo che odiamo LA gente.

DEZERTO: Milano è la città del mondo dove ho visto la borghesia vivere nelle condizioni più disagiate, case senza riscaldamento affittate a 1.000€ al mese, rubinetterie anni '60, lavabi monovasca...una rivista stile A.D. dedicata agli interni milanesi più degradati sarebbe interessante?
IL DEBOSCIO: Bisognerebbe capire che cosa è borghese e cosa no. Qualunque stronzo, se glielo chiedi, ti dice di essere borghese. Sarebbe interessante una rivista di quel tipo. Si potrebbe chiamare Travet Design, oppure Scaldabagno (in omaggio a Boiler Magazine)

DEZERTO: Debosci si nasce, ma cosa si legge per diventarlo?
IL DEBOSCIO: Tutte le classifiche propositive secondo me scadono nel liceone. Prova a fare la stessa domanda a quelli di Scapigliati.com e vedi cosa ti rispondono. Così ti deprimi.

DEZERTO: Quale sarà la direzione che prenderà ildeboscio.com nei prossimi mesi?
IL DEBOSCIO: Ci buttiamo a destra?

domenica 25 luglio 2004

Non so voi, ma io...

M-LA Fest

Ovviamente io mi presenterò rigorosamente in stile optical.

sabato 24 luglio 2004

La brezza che arriva dal mare, le turiste abbronzate, i vecchi dell'Hasta che ritirano le reti, lo sguardo che dal mio terrazzo si perde sulla baia Cavour: oggi Asti è stupendamente bella

venerdì 23 luglio 2004

Tutto ciò che non ci uccide, ci rafforza
Friedrich Nietzsche

giovedì 22 luglio 2004

Le sette fatiche di Ettore

[ANSA - ROMA, 21 LUG] L'estate si preannuncia densa di impegni per Ettore, il mastino napoletano diventato famoso come testimonial della Tim.
Il suo agente ha infatti confermato che Ettore, oltre ad essere impegnato sul set degli spot con Naomi Campbell, sta scrivendo un libro con Melissa P., che sarà lanciato a settembre in concomitanza con l'uscita del calendario dei due su Max.
Ettore comparirà anche come chitarrista nel prossimo video di Vasco Rossi, che dovrebbe chiamarsi "Colpa di Ettore" e si preannuncia un remake della fortunata "Colpa di Alfredo", in cui questa volta è proprio il simpatico mastino a soffiare la ragazza al Blasco.
In caso di elezioni anticipate, pare che Forza Italia abbia già pronto per Ettore un collegio blindatissimo, Napoli 2, e un sottosegretariato nel ministero dell'ambiente.
Ma più che le sirene di Montecitorio, ad affascinare Ettore sono le sirene hollywoodiane: Michael Cimino gli ha infatti offerto una parte con Mickey Rourke nel suo nuovo film "L'anno del Cagnone", ma soprattutto potrebbe essere lui, come cane-poliziotto, a sostituire il detective Michaeal Douglas nel sequel di Basic Instinct, il film che sancirà il ritorno alle scene di Sharon Stone.

mercoledì 21 luglio 2004

Milano non è Milano

Milano non è Milano di Aldo Nove (pagine 144, 9€) inaugura una serie di guide d’autore: diceva Nietzsche che la vitalità non trae giovamento dalla storia, per cui chi vive, se vuole andare avanti, deve dimenticare il suo passato.
E Milano si dimentica, si trasforma, per sopravvivere a se stessa.
Aldo Nove abita stabilmente a Milano da una decina d’anni.
Prima, da studente di filosofia alla Statale, era ospite del patronato cattolico («tra Bisceglie e Inganni») e si manteneva facendo il badante per anziani («oggi non avrei potuto più farlo, i badanti filippini costano molto meno»).
Poi, nel ‘93-94, dopo la laurea, Aldo Nove, nato a Viggiù ma deciso a non tornarci, trova casa al Gallaratese, nel complesso di Carlo Aymonino e Aldo Rossi («io sto nell’ala Aymonino»). Lì trova il suo prima lavoro, dall’editore Nicola Crocetti, che ha l’ufficio nell’ala Rossi dello stesso metafisico complesso, e da allora ha vissuto la città esplorandone i luoghi segreti, le periferie che aspirano a diventare zone residenziali, i 40 McDonald’s, i sexy-club per incontri privati, i centri commerciali («Bonola è fondamentale»), i cimiteri con le loro tombe più o meno monumentali, le metropolitane di cui è un affezionato e appassionato utente.
Lo incontriamo alla pizzeria di Largo La Foppa, luogo magico per lo scrittore: qui, un anno fa, acquistò da una venditrice coreana l’oggetto più prezioso della sua collezione trash, un accendino da tavolo con il fuoco che esce dalla testa di Osama Bin Laden mentre dietro si stagliano le Torri Gemelle con un aereo conficcato dentro.
«Anche Milano ha avuto un suo 11 settembre, ma in versione trash-apocalittica: ovvero, secondo la definizione di Tommaso Labranca, una emulazione fallita di un modello alto» osserva Nove. E ricorda il 18 aprile del 2002 quando l’aereo da turismo guidato da Luigi Fasulo si schiantò sui piani alti del Pirellone. «Il presidente del Senato Pera lanciò subito l’allarme terrorismo, la città si sentì per un po’ come New York. Poi tutto fu ridimensionato. Ecco, in questo episodio tragico, colorato da un’involontaria, assurda comicità, c’è un po’ il senso e la cifra della Milano di oggi, quella in cui mi è stato dato vivere. ».
Vuol dire che la città è un bluff, che nel male e nel bene è tutto un voglio ma non posso?
«Prima di rispondere, vorrei fare alcune premesse. La prima, espressa dal titolo del libro, Milano non è Milano».
Che vuol dire?
«Che intanto è un cantiere perenne, in perenne cambiamento: il Duomo è sempre impacchettato come fosse un'opera di Christo; piazza Cordusio oggi è già un'altra cosa da quella che avevo descritto appena 4 anni fa in Amore mio infinito; è una città caratterizzata dai non luoghi, le metropolitane appunto, i centri commerciali, le periferie.
Da quando sono nato, ho sempre avuto la sensazione di essere arrivato in ritardo. Entrai alle superiori quando già il vento della protesta si era spento; lo stesso all’università. E la Milano in cui arrivai non era già più la Milano da bere, quella dell’edonismo craxiano degli anni 80, dei megaraduni al Palatrussardi, delle feste degli stilisti, del divertimento. Ho fatto a tempo a vedere qualcosa di Mani Pulite, sono andato a guardare Brosio che faceva i collegamenti davanti al Palazzo di giustizia».
Quindi, la Milano di Aldo Nove è stata la Milano berlusconiana.
«Sì, e lo slogan non era più divertiamoci, ma arricchiamoci. Però era una ricchezza da non condividere, ciascuno a godere la propria, magari nella villa recintata in Sardegna. Con questo si ribadiva una carenza assoluta di Milano, la mancanza di una dimensione sociale della creatività.
La Milano di allora creò molte aspettative e la gente arrivava in cerca di lavoro, dalle occupazioni più umili ai lavori creativi, intellettuali. Oggi, i lavori più umili li fanno gli extracomunitari e a prezzi di concorrenza. Tira un’aria di hard discount, perfino nella prostituzione: seguo attentamente tutti gli annunci, offrono massaggi completi a 25 euro. Per i lavori intellettuali, il discorso è più complesso: di cose da fare ce ne sono, basta non pensare a ricavarne uno stipendio. Milano oggi è diventata una città di stagisti, di collaboratori. Dove gli affitti sono regolarmente superiori ai compensi. In generale, in questi dieci anni a Milano il lavoro è svanito, è evaporato.»
Ma a lei, Milano cosa ha dato?
«Un ritmo accelerato, l’impressione di stare in mezzo a qualcosa di mobile, di energico, il sentirsi in mezzo a tanta gente e insieme di essere isolato. Non l’ho mai vissuta come la mia città».

venerdì 16 luglio 2004

La stagione dell'amore
viene e va,
i desideri non invecchiano
quasi mai,
con l'età.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.
La stagione dell'amore
viene e va,
all'improvviso
senza accorgerti,
la vivrai,
ti sorprenderà.
Ne abbiamo avute di occasioni,
perdendole;
non rimpiangerle,
non rimpiangerle mai.
...ancora un'altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore,
nuove possibilità per conoscersi...
...e gli orizzonti perduti
non ritornano mai...

La stagione dell'amore
tornerà
con le paure e le scommesse
questa volta
quanto durerà.
Se penso a come ho speso male
il mio tempo
che non tornerà,
non ritornerà più.

Franco Battiato - La stagione dell'amore mp3

giovedì 15 luglio 2004

McKinsey,sempre lei.

Su Dagospia una lettera interessante, sempre su McKinsey...
...visto che qualche giorno fa hai pubblicato un articolo dell'Espresso in cui si parlava di McKinsey. Ecco qualche considerazione ulteriore.
Anche McK applica intelligentemente il networking, alla base delle maggiori business school americane (e che qui in Italia cerca di applicare con qualche successo solo Bocconi). Si tratta di innescare questo circolo virtuoso. Prendiamo come esempio Harvard. Questa ammette ai suoi corsi candidati che abbiano "il potenziale di diventare persone di successo".
In questo modo, un domani sarà citato sui giornali, collegato al nome del tizio X, anche Harvard: vale a dire pubblicità gratuita che tenderà a rafforzare l'idea nei candidati futuri che Harvard è la migliore business school e che il successo di X dipende anche dall'aver frequentato quell'università.
Dall'altro lato, X tenderà a circondarsi e a aiutare persone che sono anch'esse uscite da Harvard, perché la propria rivendibilità sul mercato sarà tanto maggiore quanto maggiore è il successo che globalmente gli allievi di Harvard hanno sul mercato e perché, in ogni caso, vale la vecchia regola che oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me.
Per questa ragione Harvard non ammette ai suoi corsi solo persone con curriculum pesanti ma lascia sempre una piccola quota per i "figli di papà". Questi ultimi infatti saranno automaticamente classe dirigente per meriti di discendenza, finiranno certamente sui giornali, e associare anche ad essi il nome di Harvard sarà sicuramente benefico per la fama dell'università (cito a caso in Italia i nomi di Alessandro Benetton-Harvard e di Marco De Benedetti-Wharton)...
Chi è stato quindi in McK tenderà ad acquistare da McK, perché conosce ed è conosciuto e perché anche in questo caso vale la regola del oggi io aiuto te, domani potresti essere tu ad aiutare me: se le cose non vanno come previsto il ritorno fra i ranghi è un opzione da tenere sempre aperta (vedi ad esempio il caso di Gianemilio Osculati e l'esperienza nella ex Banca d'America e d'Italia).
E comunque a tutti conviene cercare di incrementare il buon nome e la notorietà della "firm". Inoltre, McK ha il problema ogni anno di spurgare dai propri ranghi almeno una decina di dipendenti ritenuti non sufficientemente adatti per posizioni di maggiore responsabilità. Gli alumni possono offrire a questi soggetti un posto nelle società di cui sono responsabili, evitando così alla firm la fastidiosa incombenza del licenziamento.
In termini di pura qualità del prodotto non ci sono grosse differenze fra le varie società concorrenti. Come penso, neppure fra la qualità globale del personale. Non a caso, McK può vantare dei casi di successo (i vari Colao, Passera, ecc.) ma anche dei fiaschi clamorosi, che sono stati prontamente dimenticati dalla stampa.
Cito come esempio in Italia, i tre fondatori di Gandalf, linea aerea quotata al nuovo mercato ormai fallita perché basata su un business model che era una vera idiozia e Luigi Orsi Carbone, fondatore della società di telecomunicazioni e-planet, anch'essa quotata al nuovo mercato e salvata in extremis dal fallimento da altri investitori, la cui prima mossa è stata ovviamente la pronta liquidazione del sopra citato fondatore.
McK, come la concorrenza, in genere non fornisce soluzioni originali né particolarmente brillanti, né, a volte, particolarmente azzeccate (vedi il fenomeno della new economy, pompato anche dai consulenti per proprio puro interesse; o gli articoli della McKinsey Quarterly, dove si propongono a volte soluzioni che negano quanto sostenuto in articoli pubblicati solo qualche numero prima).
Non va dimenticato che spesso i consulenti si limitano a ratificare decisioni già prese dal management. Ad esempio, se X pensa sia il caso di ridurre il personale di 1.000 unità, lo fa dire dai consulenti alle sue dipendenze: è più conveniente per il quieto vivere in azienda dire "non ci posso fare niente; è colpa dei consulenti; sono loro che dicono che voi siete in troppi."
O, ancora, se X ha deciso di acquisire l'azienda Y, un rapporto favorevole di un consulente aiuta X ad ottenere l'approvazione della decisione dal consiglio di amministrazione e dagli altri boss dell'azienda.
Relativamente all'aspetto monetario, il costo di un consulente McK (o di un'altra società di consulenza equivalente) dipende dal tipo di progetto e dall'esperienza acquisita dal consulente; indicativamente è nel range 1.000-2.500 euro al giorno + iva 20% + spese di trasporto e alloggio. Per quanto ne so (manco dall'ambiente da un poco) un consulente McK guadagna circa 40.000 euro all'anno se junior e nell'ordine dei 100.000 euro se manager.
I partner guadagnano in funzione degli utili fatti dalla firm. Possono ottenere cifre elevate, ma anche, come mi risulta sia avvenuto un paio di anni fa, versare soldi di tasca propria per ripianare le perdite. La retribuzione media di un consulente di 450.000 euro all'anno citata nell'articolo mi sembra quindi eccessiva, anche includendo nel conteggio i paesi esteri dove le retribuzioni sono più generose (cioè USA e UK).
Mi sa che è un dato fornito all'esterno a fini diciamo "auto-pubblicitari". In ogni caso, se anche gli stipendi possono essere ritenuti non così male, va tenuto presente che un consulente McK lavora 70-100 ore a settimana e non certo le 40 ore contrattuali. Per capirci, se uno ha moglie, la può vedere spesso solo nel week-end. Qualcuno riesce a tenere il ritmo, qualcun'altro dopo un po' scoppia, qualcun altro ricorre agli aiutini.
Il cimitero americano ad Omaha Beach, in Normandia

Ci sono due tipi di uomini su questa spiaggia: i morti e quelli che presto moriranno. Quindi togliamoci da qui al più presto!

Colonnello George A. Taylor, 16ª divisione Usa di fanteria, Omaha Beach, Normandia, ore 10 del 6 giugno 1944

Intanto, il fronte russo era una specie di aspirapolvere. Reclamava in continuazione nuovi soldati. La Wehrmacht nel 1943 era arrivata ad avere circa 3.500.000 uomini a oriente, per mantenere una linea di continuità che andava da Leningrado al Mar Nero, per 2000 Km. Nello stesso anno, 2.086.000 soldati (tra morti, feriti, malati e assiderati) erano stati messi fuori combattimento in Unione Sovietica. I giovani reclutati venivano spediti in Russia, mentre i meno debilitati tra coloro che non potevano sostenere più il combattimento nella steppa, ottenevano un’occupazione più tranquilla nelle retrovie, cioè in Francia. Infatti, quelli che avrebbero dovuto affrontare l’invasione, in molti casi facevano fatica anche a condurre una vita normale. Si giunse a situazioni davvero assurde, come ad esempio la creazione di una divisione, la 70a di fanteria che era composta unicamente da uomini sofferenti di dispepsia a cui doveva essere somministrato un rancio speciale per evitare casi mortali di dissenteria.

mercoledì 14 luglio 2004

Bisogna sempre dare spontaneamente quello che non si può impedire ti venga tolto.
Vittorio Alfieri

lunedì 12 luglio 2004

Interviste Personali Vol. II: Dea Verna

Dea Verna, 29, vj, giornalista, scrittrice

Le interviste sono sempre un pretesto per fare qualche altra cosa: per Claudio Sabelli Fioretti sono un pretesto per fare soldi, per Maurizio Costanzo un pretesto per ramazzare un'altra moglie, per me un pretesto per arrivare a fare qualche domanda a Dea Verna (per cui la serie Interviste Personali finisce qui, e comunque se ce ne saranno altre saranno soltanto per legittimare questa).
Dea Verna, 29 anni, vj, giornalista e scrittrice, esperta di costume & società, arte/cultura, è l'icona della Maison Labranca un po' come Nico per la Warhol Factory.

E-DO: Dea Verna, si sente parlare di te sui blog, si leggono i tuoi articoli, eppure di te non si sa niente: è studiata questa gretagarbosità? E che cosa si dovrebbe sapere di te?
D-EA: Meno si sa, meglio è! Sono di una riservatezza patologica, ogni volta che qualcuno dice: "parlami di te" ho un blocco neuronale. Cercate di capirmi: passo la vita a fare domande imbarazzanti a presunti single metropolitani, aperitivisti milanesi & Co., e non sono assolutamente abituata a parlare di me. Sono già in crisi per quelle quattro righe di autobiografia che dovro scrivere per la quarta di copertina del libro. Cosa posso scrivere? Vive tra Milano, Pescara e Pantigliate? Ama i gatti, i libri antichi e le Bigbabol blu?

E-DO: Sentirti conversare è un po' come vedere giocare Ronaldinho: anche la frase più banale che ti rivolgono, tu riesci a trovare una risposta intelligente, a darle un po' d'effetto, e sembra quasi che ti stia divertendo. Ma quali sono gli argomenti che veramente ti annoiano?
D-EA: Naturalmente tutti gli argomenti cari alle Borsette, vale a dire: l'infibulazione delle donne somale, l'immaturità psicologica degli uomini italiani, la difficile emancipazione delle donne afgane, quanto è difficile trovare un uomo oggi a Milano, ma quanto è bravo Michael Moore etc... etc...

E-DO: Un posto dove ti piacerebbe davvero andare in vacanza, e che non consiglierai mai al popolo di bor7 che ti legge sui patinati, per evitare di ritrovartele tutte lì a passare le ferie con te.
D-EA: Lasciate alle borsette la Toscana e Formentera (sì, ora a Formentera ci vanno anche le borsette) e scappate in Abruzzo (in effetti sono sul libro paga dell'Apt abruzzese, ho perfino convinto due olandesi ad andare in vacanza a Loreto Aprutino). Luoghi dannunziani a parte, ho un debole anche per la Grecia. Evitate le isole e scegliete il Peloponneso: sarete gli unici italiani nel raggio di 400 km.

E-DO: Odio Paola Maugeri di Mtv, perché è sempre amica di tutti, è un po' la Mollica dei poveri/giovani: tu che sei stata vj, come evitavi di dire sempre "adoro le vostre canzoni, splendido questo nuovo disco, etc"?
D-EA: Semplice: mi facevo scrivere i testi da Labranca che, notoriamente, odia tutti. Un giorno dovevo intervistarlo nei panni dell'autore di Charltron Hescon. Si scrisse le domande da solo. Ed ebbe anche il coraggio di dirmi, in diretta: ma che domande stupide mi fate...

E-DO: La domanda che tutti vorrebbero farti e nessuno osa quando c'è T-LA in giro: dicci tutto quello che puoi sul tuo progetto letterario con Labranca.
D-EA: Ah, sì il libro, dunque...
Visto da sinistra è una sapida critica della società dell'immagine che ha trovato nel reality show il suo ultimo feticcio. Visto da destra, è un interessante manuale che aiuta i giovani a inserirsi nel mondo dei reality show, l'ultima frontiera della lotta alla disoccupazione. Dal nostro punto di vista, è il modo più facile che ci è venuto in mente per fare soldi....

E-DO: In che cosa ha cambiato la tua vita l'incontro con T-LA?
D-EA: Perché, avevo una vita prima di T-LA?

E-DO: Nella filmografia di Jodi Foster, uno dei primi film risulta essere Casotto di Sergio Citti, un film trucidissimo in cui lei è una 14enne corteggiata da Michele Placido e Gigi Proietti che si esibiscono in una serie di sudicie gag: quando sarai ricca e famosa, guarderai a questa intervista con lo stessa ripugnanza con cui ora Jodie ricorda quel suo lontano film italiano?
D-EA: Te lo dirò tra una decina di interviste....

sabato 10 luglio 2004

[LABRANCA LIVE!] T-LA DJ SET in Turin, 07/10/04

Si fa sera, e fra i capelli un po d'argento li colora, in un posto imprecisato della desolata cintura torinese, fra le desolate cinture dei consulenti pingui per le ore passate dietro una distinta base, quando arriva sms di Labranca:
Odio gli zaini. Odio i panini. Odio le birre. Odio le magliette di Vasco. Odio i tatuaggi con il Che. Odio la gente. Odio i treni. Odio la gente sui treni.
Labranca sta arrivando a Porta Nuova. quittare e salutare è tutto un attimo, parto per il nuovo bar della Mole, per il Dj Set T-LA.

vorrei un hi-tech cocktail alla clorofilla e bit e relé da piluccare

Quando arrivo però è già quasi tutto finito.
Tra il rumore distinguo a malapena qualche ultimo suono...

l'avanguardia

Intanto sullo sfondo Max Casacci, il chitarrista dei Subsonica, dopo aver sentito la performance di T-LA, si rende conto che non ha senso più alcun tipo di musica al di fuori di quella, e decide di mandare un sms a Boosta e Samuel per dirgli che il gruppo si deve sciogliere.

T-LA in primo piano e Max Casacci sullo sfondo che scioglie i Subsonica via SMS

Ma l'Arte, è sempre prima e dopo e comunque altrove da dove ci dovrebbe essere arte, e infatti la cosa più bella di tutta la serata è stato la descrizione di Labranca del suo ritorno a Milano in treno:
...sono stato costretto a prendere un interregionale carico di prostitute nigeriane vestite come le Bratz che nei vagoni di seconda cantavano come mondine (in fondo stavamo attraversando il vercellese). Ma non cantavano Amore-mio-non-piangere; cantavano "Left Outside Alone". Una versione di cinquanta minuti della canzone di Anastasia inframmezzata da grida in oscuri dialetti afro. E come nella Sinfonia degli Addii di Haydn, il coro si assottigliava man mano che le ragazze scendevano a piccoli gruppi in piccole stazioni. Entrando nella Stazione Centrale di Milano non ne restavano che cinque, silenziose, con i sacchetti delle patatine finiti e accartocciati e già assonnate nonostante le aspettasse una notte di lavoro.

venerdì 9 luglio 2004

Nei Settanta non ha scuse
chi non legge un po' Marcuse
Negli Ottanta con il fard
leggon tutti Baudrillard
Nei Novanta non sei niende
se non leggi, ahimè, l'Allende
Oggi vesti Prada e Klein
e poi leggi Chomsky e Klein.


Venerdì dalle 19 alle 21 alla Mole Antonelliana per il Dj Set di Labranca.
...questa situazione che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni...la rappresentazione di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento).
Pier Paolo Pasolini, parlando di Salò o le 120 giornate di Sodoma
E cosa vuoi che faccia, che le telefoni e le dica
"Amore, scusami, ti prego...Io...ti amoooooooooooo!!!"
?

Christian F.

giovedì 8 luglio 2004

McKinsey

però leggere articoli così qualcosa te lo deve smuovere dentro...

martedì 6 luglio 2004

It's raining again, this morning
the end of the seaside
Nobody can change
with a strength
the way of the river of life


Non è John Milton, non è Walt Whitman.
E' l'eterno ritorno degli anni '80.

Paps'N'Skar - Stasera la luna .mp3

domenica 4 luglio 2004

[LABRANCA LIVE!]Diamonds Are For Eva (by Carlotta & E-DEZ)

tra poco saremo alla Maison Labranca per la festa di fine stagione, Diamonds Are For Eva (photo by E-DE)
Per noi giovani salmoni del trash, la Statale 415 Paullese rappresenta un po' quello che era la route 66 per la beat generation: percorrendola si giunge alla Maison Labranca, dove sabato si è svolta la festa di fine stagione 03-04, Diamonds Are For Eva.

Il Maestro Tommaso Labranca ci accoglie con benevolenza (photo by Carlotta)
T-LA ci accoglie nella sua cucina, al tempo stesso fucina di idee e di cibo, come Labranca, al contrario dei poeti che un tempo andavano a corte a declamare le loro composizioni, è al tempo stesso demiurgo e mecenate.
Ora che la sua corte è arrivata, D.A.F.E. può cominciare.

Giovani,  affermati & carini: i segni distintivi della Factory Labranca (photo by Carlotta)
Ci si era lasciati pochi giorni fa al matrimonio di Giada Tronchetti Provera, ed eccoci di nuovo tutti qui, il parterre de roi del jet-set meneghino.
Si riconoscono vecchi sodali della Labranca factory quali Dea, Sara e Lorenzo, e gli chef di Dolcepapero. Non a caso in ombra (e tagliato nella foto) il fidanzato di Sara, che si è presentato in bermuda (assolutamente vietati dai rigorosi standard dell'arbiter elegantiae T-LA).

Eva Kant e i suoi amici (photo by Carlotta)
Al centro di tutte le attenzioni, lei, Eva Kant, musa ispiratrice della serata: accanto il nipote Luca, compositore minimalista che esordirà mercoledì al Tunò e si appresta a comporre con Tommaso il cd Cortina '56, e Cristiana, pungente penna milanese che ha mosso con T-La i primi passi nell'editoria.

Il giovane Arbasino e l'alter-edo di Bonolis (photo by Carlotta)
A una festa tanto prestigiosa non potevano mancare anche le stelle più prestigiose del nuovo cinema italiano: in splendida forma D-LE, il promettente attore che impersonerà il giovane Alberto Arbasino in una fiction di cinque puntate per Raiuno sull'infanzia di Arbasino e Valentino a Voghera, che si intitolerà Gemelli Diversi.
Al suo fianco E-DE, recente protagonista della fiction sulla vita di Paolo Bonolis intitolato Pacchi suoi, sempre in onda su Raiuno a novembre.

Arte & Imitazione (photo by Carlotta)
L'incontro di tanti personaggi della cultura & dello spettacolo non poteva non far nascere momenti di alta speculazione filosofica, su tematiche quali l'Arte come emulazione della Vita, e l'Emulazione che diventa forma d'Arte: sotto il quadro del Maestro Nick Tambone, che ritrae una ragazza con una videocamera, E-DO tiene una bottiglia di Martini, mentre il Maestro T-LA esibisce una bottiglia di Perla, emulazione fallita del Martini.

Dea e T-LA parlano agli invitati dei loro progetti (photo by Carlotta)
La serata, che chiudeva appunto la stagione 03-04, ricca di successi quali le cene minimal-lunari e le contaminazioni letterarie di Arachnid, fino alle serate di Arte & Cultura targate Maison Weekly, è stata l'occasione per presentare il prossimo appuntamento cultural-labranchiano, una serie di proiezioni/visioni per cui si è già scatenata la caccia all'invito, riguardanti l'opera omnia degli 883, dei Wham e del Cantaitalia.
Ma soprattutto T-LA e D-EA hanno annunciato che dovrebbe uscire a novembre il loro ultimo progetto editoriale, una spietata analisi del fenomeno che ha sconvolto la società italiana dell'ultimo decennio, tra l'altro per i tipi della casa editrice dei più importanti scrittori del momento.

I cronisti della serata, Carlotta ed E-DO (photo by D-LE)
Carlotta & E-DO, i cronisti della serata, qui ritratti nella posa dei timidi. (Pantigliate, 3 luglio 2004)

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